PILLON IN CATTEDRA? È UNA QUESTIONE POLITICA
Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna esprime sconcerto per l’organizzazione del seminario sull’affido condiviso tenuto dal sen. Pillon
Venerdì prossimo, 15 novembre, si terrà un seminario sull’affido condiviso organizzato dalla Camera Civile di Parma. Relatore e professore in cattedra, Simone Pillon, il senatore leghista autore dell’omonimo ddl che abbiamo definito più volte come un attacco alla libertà delle persone, ai diritti delle donne ed adultocentrico, un progetto oscurantista che, se diventasse legge, penalizzerebbe ulteriormente le donne che subiscono violenza.
Come Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna esprimiamo il nostro sconcerto per questa scelta della Camera Civile di Parma proprio a ridosso della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne e ci uniamo all’appello dell’Udi di Bologna e alla richiesta di sospendere l’evento.
È motivo di indignazione che tale seminario sia inserito nel percorso formativo rivolto agli avvocati. Ricordiamo che il ddl Pillon, per citarne solo un aspetto, prevede l’obbligatorietà della mediazione familiare, applicabile anche ai casi di violenza, e che tale imposizione viola la Convenzione di Istanbul che è legge in Italia dal giugno 2013.
Come Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna esprimiamo il nostro sentito cordoglio per la morte di Hevrin Khalaf e piena solidarietà e vicinanza al popolo e alle donne curde, che stanno coraggiosamente affrontando l’offensiva turca.
L’ESTATE NERA DELLE DONNE IN EMILIA-ROMAGNA
Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna commenta gli ultimi episodi di violenza contro le donne in regione
L’estate che si è appena conclusa ha visto più volte la regione Emilia-Romagna al centro dell’attenzione mediatica per episodi riguardanti la violenza maschile contro le donne.
A inizio agosto, a Faenza, l'87enne Franco Valgimigli uccide la moglie 79enne Maria Miotto. Chiama la figlia annunciando il suicidio ma viene ritrovato vivo e arrestato.
A Castello d’Argile (BO), Atika Gharib, 32 anni, lo scorso 3 settembre viene uccisa dall'ex fidanzato M'Hamed Chamekh, 41 anni, che confessa il delitto. Il femicidio arriva come l’apice di una lunga storia di violenza, durante la quale l’uomo aveva anche tentato di abusare della figlia della donna.
È il 7 settembre quando, nel Piacentino, viene ritrovato il corpo senza vita di Elisa Pomarelli, 28 anni, uccisa dall’amico 45enne Massimo Sebastiani. Elisa non ricambiava l’interesse dell’amico nei suoi confronti e il suo rifiuto non viene accettato dall’uomo. Elisa viene punita, in quanto donna e in quanto lesbica, da un uomo che non le riconosce il diritto a scegliere liberamente. Elisa viene uccisa una seconda volta sui giornali, che definiscono il femicida un “gigante buono”, parlano di “amore non corrisposto”, di “raptus”.
Allo stesso modo subisce una seconda violenza Lucia Panigalli lo scorso 17 settembre, quando viene intervistata a Porta a Porta da Bruno Vespa. La donna, originaria di Ferrara, è vittima di un duplice tentativo di femicidio; è costretta a vivere sotto scorta da quando l’autore delle violenze è uscito dal carcere. L’intervista del noto giornalista è un susseguirsi di allusioni irrispettose, battutine sgradevoli, frasi che, oltre a sminuire la violenza subita dalla donna, insinuano una sua corresponsabilità, la colpevolizzano.
Le aspiranti operatrici volontarie dovranno presentare la domanda di partecipazione esclusivamente attraverso la piattaforma
Domanda on Line (DOL) raggiungibile tramite PC, tablet e smartphone
all’indirizzo https://domandaonline.serviziocivile.it.
Le domande di partecipazione devono essere presentate entro e non oltre
le ore 14.00 del 17 ottobre 2019.
L'intero bando e le indicazioni per presentare la domanda sono presenti nell'area PROGETTI del sito.
Grazie all'arte marziale che fonda la sua tradizione nel combattimento dei samurai, ci si abitua al contatto e alla resistenza ai colpi, si allena corpo e mente in sinergia con la finalità di liberarsi dai vincoli e allontanarsi dal pericolo. Le tecniche proposte allenano e aumentano la percezione del possibile pericolo aumentando l'attenzione verso lo spazio circostante. Si acquista maggior consapevolezza dei propri punti di forza senza diminuire la giusta prudenza che, grazie ad una maggiore lucidità di azione, impone di valutare una situazione al fine di intuirne i rischi così da evitare i pericoli.
Due incontri gratuiti in data sabato 21 e sabato 28 settembre
dalle 14.30 alle 16.30
c/o Palestra Cik - Strada Gragnana n° 9
ANCORA UNA VOLTA!
Maggio 2019! Quattro mesi sono passati dall'ultimo femicidio. Ci sembravano già spaventosamente numerosi i femicidi - 7 in 7 anni! commessi nella nostra provincia, quelli dei quali si ha una triste, recente certezza, eppure,
ANCORA UNA VOLTA, ci troviamo a piangere una donna, ANCORA UNA VOLTA, uccisa per mano di chi andava dicendo che ne era "innamorato pazzo"....ma lei " non voleva sapere nulla di lui”.
ANCORA UNA VOLTA una DONNA, viene considerata "cosa" della quale se ne esige brutalmente e violentemente il possesso, oltre i suoi sentimenti, il suo volere, i suoi desideri, i suoi si ed i suoi no; ignorati, violati, spazzati via...ANCORA UNA VOTA.
Elisa Pomarelli, 28 anni, scomparsa il 25 agosto E' STATA UCCISA DA Massimo Sebastiani!
23 luglio 2019, ore 16.30
Roma, Sala Caduti di Nassiriya di Palazzo Madama – Senato della Repubblica
Il 23 luglio riprende in Commissione Giustizia al Senato la discussione sul Ddl Pillon e sugli altri disegni di legge collegati, nonostante centinaia di migliaia di uomini e donne in Italia ne abbiano chiesto il ritiro.
Tanti/e parlamentari e rappresentanti delle istituzioni in questi mesi si sono espressi/e pubblicamente contro un disegno di legge lesivo per la libertà di tutti e tutte e potenzialmente molto pericoloso per i bambini e le bambine.
È arrivato il momento di verificare la fondatezza di tali dichiarazioni: CHI è dalla nostra parte e CHI no, chi è dalla parte delle donne e dei/lle bambini/e e chi no, CHI è disposto in Parlamento a far sentire la propria voce e a rispondere alla propria coscienza.
Le associazioni, i centri antiviolenza, il movimento femminista, le organizzazioni sindacali che in questi mesi si sono mobilitati per chiedere il ritiro del Ddl Pillon invitano perciò i/le parlamentari di tutti gli schieramenti a una conferenza stampa – martedì 23 luglio alle 16.30, Sala Caduti di Nassiriya di Palazzo Madama, Roma – per dimostrare pubblicamente il proprio impegno a fianco delle donne e dei/lle loro figli/e.
Promuovono la conferenza stampa:
D.i.Re – Donne in rete contro la violenza, UDI – Unione delle donne in Italia, Rebel Network, Se non ora quando? – Coordinamento nazionale comitati, Casa internazionale delle donne, Differenza Donna, ARCI Nazionale, ArciLesbica Roma, CGIL – Confederazione generale italiana del lavoro, UIL – Unione italiana lavoratori
UN CALCIO ALLA VIOLENZA
Il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna esprime solidarietà alle calciatrici della nazionale femminile e condanna gli attacchi sessisti
La nazionale maschile di calcio non si è qualificata agli ultimi mondiali, la nazionale femminile non solo si è qualificata ai mondiali 2019, ma è prima nel suo girone, dimostrando talento, passione e professionalità. Che trattamento stanno ricevendo le atlete azzurre per questo successo? Scarsa visibilità mediatica, nessuna o quasi autorità sugli spalti, una “partecipazione” e un interesse per niente paragonabili a quelli che ricevono gli Azzurri.
Come se questo non bastasse, ad attendere le atlete dopo ogni partita una triste sequela di commenti sessisti, battute sgradevoli, commenti denigratori, insulti. L’ultimo caso, lo scorso mercoledì: lo squallido post su Facebook di Cristian Panarari, ex consigliere comunale a Reggio Emilia ed ex portavoce del Movimento 5 Stelle, che commenta la foto di una giocatrice facendo una chiara allusione sessuale. Il post ha richiamato l’attenzione anche della vicepresidente della Camera, Maria Edera Spadoni, anche lei M5S, che ne ha chiesto l’espulsione dal partito.
La decisione del tribunale civile di Padova – che affida un bambino al padre maltrattante un anno dopo la sua condanna in sede penale per violenza contro la moglie, maltrattamenti e violenza assistita – viola i diritti umani.
Una importante Dichiarazione internazionale sottoscritta da tutte le rappresentanti dei diversi meccanismi ONU e regionali per l’Europa, l’Africa e l’America Latina.
Arriva dalle rappresentanti dei più importanti meccanismi internazionali che si occupano di violenza contro le donne sia a livello delle Nazioni Unite che a livello regionale in Europa, Africa e America Latina, un’importante dichiarazione che esprime grande preoccupazione per “schemi ricorrenti che ignorano la violenza del partner nella determinazione dei diritti di custodia dei figli, presenti in varie giurisdizioni a livello mondiale”.
Si tratta “della delegittimazione della parola delle donne, che in sede di separazione non sono credute quando denunciano i maltrattamenti da parte del partner, che vengono interpretati non come violenza contro le donne, ma come semplice conflitto familiare, a volte fino al punto da giudicare le madri malevole o manipolatrici quando i figli impauriti non vogliono vedere i padri”, chiarisce Elena Biaggioni, avvocata della rete D.i.Re.
“Si prenda l’esempio di quanto è successo a Padova”, sottolinea Biaggioni, “dove una giudice civile ha deciso in base a una CTU, consulenza tecnica d’ufficio, il trasferimento di un bambino in casa del padre, nonostante l’uomo, un imprenditore padovano, sia stato condannato un anno fa in due gradi di giudizio in sede penale per violenza e lesioni contro l’ex moglie, maltrattamenti in famiglia e violenza assistita”.
E questo, aggiunge Biaggioni, “scrivendo nero su bianco nel decreto che la condanna in sede penale per violenza dell’uomo è «irrilevante» e definendo l’uomo «figura maggiormente idonea a garantire stabilità emotiva e accudimento del minore»”.
Nella Dichiarazione si denuncia come “tali schemi rivelano una discriminazione di genere di fondo e stereotipi nocivi per le donne”.
La nuova Piattaforma, che riunisce tutti gli organismi internazionali che si occupano di violenza contro le donne, ha manifestato preoccupazione per i continui tentativi di “inclusione della ‘alienazione parentale’ come voce nella nuova Classificazione Internazionale delle Malattie dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (ICD-11)”, tentativo “che ancora una volta per fortuna non è andato a buon fine perché non ritenuta attendibile scientificamente dagli stessi comitati dell’OMS”, sottolinea Biaggioni.
Le firmatarie della Dichiarazione – Dubravka Šimonovic, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla Violenza contro le Donne, le sue cause e conseguenze, Hilary Gbedemah, Presidente della CEDAW, Commissione ONU sull’eliminazione della discriminazione contro le donne, Ivana Radačić, Presidente del Gruppo di Lavoro dell’ONU sulla Discriminazione contro le Donne nella Legislazione e nella Pratica, Feride Acar, Presidente del GREVIO, il Gruppo di esperte sulla violenza contro le donne del Consiglio d’Europa, Margarette May Macaulay, Relatrice sui Diritti delle donne nella Commissione Inter-Americana sui Diritti Umani, Lucy Asuagbor, Relatrice Speciale sui diritti delle donne in Africa, Sylvia Mesa, Presidente del MESECVI, la Convenzione mesoamericana per prevenire, sanzionare e sradicare la violenza contro le donne – concludono la Dichiarazione con l’appello, rivolto a chi amministra la giustizia, a “considerare la violenza contro le donne nella determinazione dei diritti di custodia e di visita dei figli, in tutti i casi relativi alla custodia”, orientando le loro sentenze “al rispetto dei diritti umani di donne e bambini/e alla vita e all’integrità fisica, sessuale e psicologica”, rispettando le disposizioni vincolanti della Convenzione di Istanbul, e tenendo conto del “principio del superiore interesse del minore”.
“Questa Dichiarazione è molto importante e la magistratura italiana dovrebbe prestarvi grande attenzione”, conclude Biaggioni. “I giudici devono sapere che non tenendo conto della violenza contro le donne e della violenza assistita quando decidono sui diritti di visita dei figli, violano il diritto interno, ma anche quello internazionale e si espongono a ricorsi alla CEDU, Commissione europea sui diritti umani, o alla CEDAW”.
Scarica il testo della Dichiarazione in italiano (traduzione non ufficiale a cura di D.i.Re)