Il Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna
analizza i dati delle donne accolte dal 1 al 31 marzo 2020
e le cause del calo di richieste di aiuto durante l’emergenza
per la pandemia del Covid–19
Il Covid-19 non ha fermato l’attività dei Centri antiviolenza né in Emilia Romagna né in Italia, né altrove.
Le modalità di lavoro si sono adeguate ai vari dictat emessi dal nostro governo per affrontare l’emergenza sanitaria, ma le attività sono continuate sia nei Centri antiviolenza, sia nelle case rifugio ad indirizzo segreto.
E’ continuato il sostegno alle donne che già avevano preso contatto con un Centro antiviolenza, attraverso colloqui personali, per chi poteva muoversi e raggiungere il Centro; telefonici o via Skype per le altre.
E’ continuata l’attività con le donne nuove che si sono rivolte per la prima volta ad un Centro antiviolenza in questo periodo così difficile e duro per tutte e tutti, ma in particolare per chi si è trovata a convivere h24 con un uomo maltrattante.
In occasione del 25 Novembre – Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna diffonde i dati di monitoraggio sulla violenza in regione relativi al 2019 (al 31 ottobre) e riflette sulle criticità e sulle buone pratiche relative a quest’ultimo anno di attività.
Nel corso del 2019 le donne che si sono rivolte a un centro antiviolenza del Coordinamento sono state complessivamente 3785, nel 92% dei casi si tratta di donne che hanno subito violenza, in totale 3485. Fra di esse, coloro che l’hanno fatto per la prima volta nel corso di quest’anno sono state 2597. Nel 35% (885 donne) dei casi si tratta di donne che provengono da altri paesi. Nel 75% dei casi sono donne con figli/e, per lo più di minore età. L’autore delle violenze di gran lunga prevalente è infatti il partner o l’ex partner (marito, compagno, fidanzato, amante). I figli/e delle donne accolte sono complessivamente 3240, almeno 1 bambino/a su 2 (il 51%) è vittima di violenza diretta o assistita.
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