I NOSTRI PRIMI TRENT'ANNI
Era l'8 Febbraio del 1994 quando un gruppo di donne piacentine ha fortemente voluto creare un canale d'ascolto alle problematiche legate alla violenza sulle donne del territorio. Grazie a quelle donne!
Si costituisce così l'Associazione La Città delle Donne che, nel 1996 diventerà operativa e da qui inizia anche la nostra storia di pratica, prima in ascolto e poi di accoglienza, sostegno, protezione, accompagnamento, informazione, formazione ecc.
Il "vaso di Pandora" ci ha riservato molte sorprese, prima tra queste la scoperta che le donne subiscono violenza primaria non dall'esterno, da estranei, ma all'interno delle mura domestiche, dalle persone con le quali condividono relazioni.
Mesi, anni di formazione unitamente alle amiche di altri Centri dell'Emilia Romagna già costituiti, che ci hanno accolte ed insieme abbiamo percorso lunghe strade di consapevolezza femminile, di incontri e di riflessioni fino a consolidare la nostra visione femminista e dare forma all'accoglienza basata sul rapporto leale, di partecipazione e di alleanza di donne per le altre donne.
Trent'anni che non "sono volati" ma hanno richiesto tanto sacrificio, tanta passione e abnegazione, ma la resistenza ha vinto proprio perché il nostro impegno non è basato sulla necessità personale di "essere d'aiuto" ma sulla convinzione che i Centri antiviolenza, con la metodologia adottata, possono contribuire a cambiare la società.
Trent'anni che ci hanno viste in salita per raggiungere gli standard qualitativi che fanno ora dell'Associazione La Città delle Donne un Centro antiviolenza accreditato dal Ministero delle Pari Opportunità e dalla Regione Emilia Romagna.
Trent'anni che ci hanno viste rotolare in una discesa vorticosa con la paura di non farcela, di "mollare", di scomparire...ma oggi ne siamo orgogliose e ce lo diciamo DA SOLE, da donna a donna, da amica ad amica, all'interno del nostro luogo di "lavoro" :
abbiamo portato un grande contribuito all'emersione del fenomeno, ancora in divenire, della violenza maschile sulle donne che abitano nella nostra città e nei paesi della nostra provincia; i numeri confermano una continua crescita ma non di questo ci vantiamo! Non sono i numeri, anche se importanti, a rendere chiaro il flagello della violenza di genere e del nostro lavoro di contrasto, ma lo sono invece le storie di vita che sono dentro a quei numeri; le donne che parlano con le altre donne da anni, sono custodi di un "sapere" ineguagliabile perché conoscono quello che il femminile offeso, colpito, stuprato, ferito e così a volte fino a morire, pensa, desidera, prova; le parole delle donne ci vengono consegnate affinché noi possiamo riportarle come voce di donne per le altre donne e per gli uomini. E' questo un onore che ci rafforza e che ci impegna nella diffusione di buone prassi per rispondere a necessità reali, perché possa esistere un impegno al cambiamento dettato proprio dalle donne che subiscono o che hanno subito; non "donne altre" ma "noi donne"..... perché la violenza contro una donna è violenza contro tutte le donne - Questo slogan utilizzato in tante campagne pubblicitarie è nato proprio qui: a Piacenza! -
Per questi trent'anni noi diciamo quindi grazie alle donne che ci hanno dato fiducia e ci hanno onorate delle loro più intime emozioni e paure.
A tutte quelle/i che hanno creduto in noi e ci hanno sostenute dimostrandoci la loro stima.
A tutte quelle persone, spesso sconosciute, che hanno voluto conoscerci ed avvicinarsi alla nostra metodologia.
Alle/ai professioniste/i che contribuiscono ai sostegni competenti delle donne seguite.
Alle Operatrici e Volontarie che si sono susseguite in tutti questi anni portando contributi personali di dedizione e partecipazione permettendo il proseguo dell'attività.
Per questi trent'anni, che non abbiamo certo "strombazzato" ma dichiarato pubblicamente SI, noi donne del Centro antiviolenza di Piacenza, ammettiamo una debolezza:
Anche a tutte NOI sarebbe piaciuto ricevere un GRAZIE ma................
GRAZIE UGUALMENTE!
In occasione dell’8 marzo il Coordinamento dei Centri antiviolenza
Abbiamo appreso dell’esclusione di parte civile di U.D.I. Bologna, nostra Associata, nel processo Amato, perché l’imputazione non ricadrebbe nel novero della violenza di genere,
in quanto determinata da fini economici.
È bene ricordare che la Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia nel 2013, include espressamente la violenza economica nel novero della violenza di genere.
Uccidere la moglie, in punto d’accusa, per questioni ereditarie, e uccidere la suocera, “per fare una prova”,
come apprendiamo riferito dalla stampa, altro non è che violenza di genere, è strumentalizzazione di due donne ai propri interessi.
È femminicidio.
Neppure si può condividere la scelta della Corte d’Assise di Bologna di escludere la stampa dall’aula del processo,
perché il caso non avrebbe un interesse socialmente rilevante.
L’efficace contrasto alla violenza alle donne passa dal riconoscimento della stessa.
L’eco mediatico dei processi per femminicidio è uno strumento importante per veicolare nelle coscienze il disvalore sociale della violenza alle donne;
per fare prevenzione e per diffondere la cultura del rispetto delle donne.
Solo un cambiamento culturale potrà fermare la violenza di genere. Il riconoscimento della violenza è il primo passo per il cambiamento.
Il cambiamento è urgente, sono ancora troppe le donne che si trovano a subire violenza.
I dati raccolti dai nostri 15 centri, ce lo confermano.
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