LA LOTTA ALLA VIOLENZA DI GENERE NON È RIMANDABILE
In occasione dell’8 marzo il Coordinamento dei centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna diffonde i dati sugli accessi ai centri relativi al 2020
Ricordiamo che i Centri antiviolenza rimangono sempre aperti e sono sempre raggiungibili - anche in zona rossa - senza obbligo di denuncia
Anche quest’anno l’8 marzo sarà una giornata di lotta. A più di un anno dall’inizio della pandemia, la lotta alla violenza sistemica che colpisce quotidianamente le donne non è rimandabile.
I dati sugli accessi ai centri antiviolenza del Coordinamento confermano infatti la tendenza evidenziata già negli scorsi mesi, segnando un calo dei contatti. Allo stesso tempo, risulta sempre più evidente l’impatto della pandemia sulle disparità di genere e sulla violenza contro le donne.
I dati sugli accessi ai centri antiviolenza del Coordinamento confermano infatti la tendenza evidenziata già negli scorsi mesi, segnando un calo dei contatti. Allo stesso tempo, risulta sempre più evidente l’impatto della pandemia sulle disparità di genere e sulla violenza contro le donne.
Da una parte la gestione della pandemia, limitando la libertà di movimento e costringendo molte donne e bambin* in casa con uomini già autori di violenza, rende più difficile l’accesso ai centri e ai percorsi di fuoriuscita dalla violenza. Allo stesso tempo, come ha sottolineato anche Non Una Di Meno nell’appello allo sciopero femminista e transfemminista dell’8 marzo, il contesto pandemico ha intensificato la disuguaglianza di genere su cui si fonda la violenza.
I dati relativi ai mancati rinnovi dei contratti a dicembre, con 99mila donne che hanno perso il lavoro su 101mila - lo hanno reso evidente: Sono moltissime le donne che in questi mesi hanno perso il lavoro o sono state costrette a licenziarsi per fare fronte al lavoro riproduttivo e di cura, aumentato dalla chiusura delle scuole e dallo smart-working. Allo stesso tempo, i dati relativi ai contagi sui posti di lavoro diffusi dall’Inail mostrano un altro effetto delle disparità di trattamento e della divisione di genere del mondo del lavoro: quasi il 70% delle persone che si sono contagiate sul lavoro sono donne.
Come Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna, sappiamo che l’indipendenza economica è fondamentale nei percorsi di fuoriuscita dalla violenza ed autodeterminazione delle donne. Per questo è necessaria una risposta politica alla violenza che ne consideri la sistematicità e pervasività, e che risponda al bisogno di indipendenza economica per tutte le donne.
Gli accessi ai Centri del Coordinamento nel 2020
Le donne che nel 2020 si sono rivolte ai 15 Centri che compongono il Coordinamento dei Centri antiviolenza della regione Emilia-Romagna, sono state complessivamente 4076. Di queste, il 92,9% - pari a 3785 donne - ha chiesto aiuto perché vittima di violenza, dell’1,9% non si è potuto verificare se aveva o meno subito violenza mentre il 5,2% lo ha fatto per ragioni diverse.
Il confronto di questi dati con quelli del 2019* evidenzia una diminuzione dell’8,6% (-347 donne) delle donne accolte che sono state vittima di violenza. Questo dato è fortemente influenzato dagli effetti della chiusura generale della prima parte dell’anno dovuta all’emergenza sanitaria nazionale da COVID19, caratterizzata da un calo drastico delle richieste di aiuto del 50% circa. La diminuzione degli accessi quindi, è stata in buona parte recuperata nel corso dei mesi successivi al lockdown. (Qui l’approfondimento sull’impatto dell’emergenza sanitaria sulle richieste d’aiuto pubblicato dal Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna)
Nel corso del 2020, le donne che hanno preso contatto per la prima volta con i 15 Centri antiviolenza del Coordinamento regionale perché hanno subito violenza sono state 2895 (76,5%). Coloro che hanno continuato un percorso già iniziato sono state 890, pari al 23,5% di tutte le donne accolte vittime di violenza.
Le donne nuove vittime di violenza provenienti da altri paesi nel 2020 sono state 950, pari al 34%, una presenza del tutto simile a quella rilevata negli anni precedenti. Le donne italiane sono state 1843 il 66%.
Le donne con figli/e sono state 1843, pari al 70% una percentuale inferiore di 4 punti rispetto a quella rinvenuta l’anno precedente il 2019. Fra di esse, le donne con figli/e vittime di violenza sono state 930, pari al 50,5%.
Nel 2020 i/le figli/e delle donne nuove accolte sono stati 3021. Fra di essi il 51,6% ha subito violenza diretta o assistita.
Nel 2020 le donne nuove accolte che hanno subito violenze fisiche sono pari al 59,7% (1728 donne) coloro che hanno subito violenze psicologiche sono pari al 90,1% (2608 donne); coloro che hanno subito violenze economiche sono il 35,2% (1019 donne); coloro che sono state vittima di violenze sessuali sono il 15% (435 donne). Queste percentuali variano di poco – uno o due percentuali - rispetto all’anno precedente.
Le donne ospitate nelle case rifugio e nelle altre strutture (emergenza, alloggi di transizione) gestite dai Centri del Coordinamento regionale nel corso del 2020 sono state 287, i figli/e ospitati 312, per un totale di 578 donne e figli/e e di 57469 notti di ospitalità. La permanenza media nelle strutture è stata di 99,4 notti per madre e figli/e.
I dati del Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna ci dicono, ancora una volta, che a più di un anno dall’inizio della pandemia, la lotta alla violenza di genere non è rimandabile ma al lavoro dei Centri (che sono sempre restati aperti e raggiungibili - anche in zona rossa) deve accompagnarsi una risposta politica che consideri la violenza di genere anche nel contesto pandemico.
*I centri presenti all’interno del Coordinamento nel 2019 erano 14, e non 15 come nel 2020. Per questa ragione, tutti i dati di confronto sono riferiti ai 14 centri già presenti nel 2019.
Il presente comunicato è disponibile anche in formato PDF (748 KB, 4 pagine)